La grotta dello Scoglione, situata nel territorio comunale di Massa Lubrense, si apre nella falesia del versante meridionale della Penisola sorrentina, quasi all’estrema punta occidentale della stessa, pochi metri al di sopra del livello del mare. Presenta, similmente ad altre grotte costiere dell’area, un ampio ingresso, sviluppato principalmente in altezza, ed una modesta profondità. È stata una delle prime cavità di interesse archeologico individuate da A.M. Radmilli, nel 1965, quando lo stesso praticò un saggio di verifica nei sedimenti presenti al suo interno, per poi effettuarne lo scavo completo l’anno successivo (Radmilli 1965, 1966).
Il deposito di riempimento, di spessore di circa 8 m, è risultato costituito da una stratificazione di detrito di versante grossolano in matrice sabbiosa di origine vulcanica, a tratti fortemente cementata, intercalati da strati pienamente vulcanici e di terreno fine; alcuni livelli contenevano manufatti litici, definiti come musteriani, e resti ossei di grossi mammiferi quali cervo, stambecco e orso. Tali informazioni sono sinteticamente riportate nel notiziario della Rivista di Scienze Preistoriche del 1965 e del 1966 e nei diari di scavo dell’epoca, ma non sono mai state sostenute attraverso l’edizione dei risultati dello studio del repertorio litico e faunistico del sito.
Un riesame dei materiali di questo sito è stato condotto nel 2017 su una modesta quantità di elementi presenti nei depositi del Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Pisa. Si suppone che quanto esaminato sia solo una parte dell’insieme rinvenuto durante lo scavo del deposito archeologico, che per gran parte risulta al momento disperso (Di Bianco 2017).
L’insieme dei materiali è formato da prodotti litici derivati dalla scheggiatura, mentre nessun elemento osseo è stato rilevato tra il materiale analizzato, per cui l’identificazione delle specie animali avanzata dagli autori dello scavo nel 1966 non può essere suffragata dall’attuale studio.
L’industria litica, in gran parte in quarzite e selce grigia, è composta da 84 reperti provenienti da una parte apicale del deposito e per tale motivo non è indicativa dello sviluppo culturale dell’intera sequenza. L’analisi permette in maniera preliminare di avanzare una loro attribuzione ad una fase non avanzata del Paleolitico superiore. È probabile che il musteriano (Paleolitico medio) indicato dallo scopritore del sito come caratterizzante tale sito, fosse presente nella porzione inferiore del giacimento per la quale non si possiede attualmente documentazione materiale.
Luca Di Bianco
Bibliografia
DI BIANCO L. (2017). “L’Epigravettiano della Costiera Amalfitana: riconsiderazioni degli aspetti culturali di un’area fondamentale”. Tesi di Dottorato di Ricerca in Scienze e Tecnologie per l’Archeologia e i Beni Culturali, XXVII ciclo, Università degli Studi di Ferrara, non pubblicata.
RADMILLI A.M. (1965). “Notiziario: scoperte e scavi in Italia durante il 1965- Campania, Penisola Sorrentina”. In: Rivista di Scienze Preistoriche, vol. XX.
RADMILLI A.M. (1966). “Notiziario:scoperte e scavi in Italia durante il 1966- Campania, Penisola Sorrentina”. In: Rivista di Scienze Preistoriche, vol. XXI.