L’inizio delle ricerche preistoriche nel comprensorio dei Monti Lattari e la contigua isola di Capri, può essere ricondotto alle esplorazioni effettuate da Ignazio Ceriosulla suddetta isola verso la fine del 1800.
Tra la fine del 1800 e l’inizio del secolo successivo questi individuò i giacimenti di Le Parate, Grotta delle Felci e dell’Hotel Quisisana. Poco dopo questa scoperta, nel 1885, Riccardo Lorenzoni individuò, nei pressi di Sorrento, un sito preistorico in una grotta che lui stesso dedicò a Giustiniano Nicolucci. Nei successivi decenni del 1900 si segnala principalmente il prosieguo delle indagini condotte all’interno di Grotta delle Felci, che diverrà uno dei più importanti siti della preistoria della Campania, da parte di Ugo Rellini negli anni venti del ’900 e, negli anni 1940, dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana.
Successivamente, le ricerche iniziate da Antonio Mario Radmilli nel 1955 nel territorio di Positano, sul versante amalfitano della Penisola sorrentina, diedero avvio ad un lungo ed alterno periodo di studi volti alla definizione degli aspetti del popolamento preistorico. Nell’ottobre di quell’anno, egli si occupò della prospezione superficiale di varie aree ricadenti nell’ambito comunale di Positano e dell’esecuzione di saggi di approfondimento all’interno di alcune grotte, tra cui la Grotta La Porta. Lo scavo all’interno di questo sito venne eseguito nell’estate del 1956 e condotto da A. M. Radmilli stesso ed E. Tongiorgi, entrambi dell’Istituto di Antropologia e Paleontologia Umana dell’Università di Pisa. Dal 1965 al 1969, A. M. Radmilli condusse anche le campagne di ricerca promosse dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria e dall’Istituto di Antropologia e Paleontologia Umana dell’Università di Pisa nel territorio costiero della Penisola sorrentina a cavallo tra la provincia di Salerno e quella di Napoli.
Nel tratto di costa esplorato, furono identificati diversi siti in grotta riferibili al Paleolitico medio e superiore: in una cavità sull’isolotto Isca e nella Grotta Ieranto, affacciata sull’omonima baia, vennero individuati piccoli depositi contenenti elementi musteriani; al Paleolitico medio vennero attribuiti anche i resti provenienti dai vari livelli del più cospicuo riempimento della Grotta dello Scoglione (Nerano), nella quale venne eseguito uno scavo nel 1966; nella Grotta Cuparo (non lontano da Nerano), invece, si rilevò la presenza di molluschi, sia marini che terrestri, associati ad industria definita mesolitica, in un piccolo lembo di deposito addossato alla parete. Nel 1967 venne effettuato, sempre ad opera di A. M. Radmilli, lo scavo all’interno della Grotta del Mezzogiorno (Positano) e, nello stesso anno, fu individuato il sito di Grotta Erica (Colli S. Pietro), due siti in cui si rinvennero caratteristiche culturali analoghe a quelle attestate nella grotta La Porta. Con il completamento dello scavo di Grotta Erica, nel 1969, si concluse anche il periodo di sistematiche ricerche che aveva interessato il settore amalfitano della Penisola sorrentina, riducendo, così, lo studio della preistoria locale a sporadici e casuali rinvenimenti che hanno di poco arricchito il quadro dell’antico popolamento umano del territorio. Al 1973 risale il recupero di alcuni reperti in pietra lavorata effettuato all’interno della Grotta dello Zaffiro, ubicata nei pressi di Nerano, una cavità che attualmente presenta un ingresso subacqueo, a circa 3 metri di profondità, mentre parte del volume interno è al di sopra del livello del mare, tanto che una piccola porzione del fondo della camera non risulta occupato dall’acqua. Non è stato purtroppo possibile valutare l’effettiva consistenza di tale segnalazione in quanto i suddetti materiali risultano dispersi. Agli anni 1970 è da attribuire anche il rinvenimento, effettuato durante i lavori di costruzione del campo sportivo di Agerola, di vasi ad incinerazione databili all’età del Ferro, di cui però si sono conservati pochissimi esemplari attualmente ubicati nel locale Museo Civico Etnoantropologico di Agerola.
Nell’ambito del panorama della ricerca archeologica, accanto alle esperienze sopra menzionate, possono essere inserite anche le numerose ricognizioni effettuate dal gruppo CAI Napoli (Club Alpino Italiano), rivolte principalmente alle esplorazioni delle numerose grotte presenti nella Penisola sorrentino-amalfitana. Queste indagini hanno portato alla segnalazione, ad opera di A. Piciocchi, attivo soprattutto negli anni ’80 del 1900, della Grotta Monaco-Spera di Positano, nella quale vennero rinvenuti due boccali riferibili alla prima età del Ferro (almeno uno dei quali è conservato presso il Museo di Etnopreistoria di Castel dell’Ovo, Napoli).
Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ’90, le indagini predisposte dall’allora Soprintendenza archeologica di Salerno per la costruzione di una strada carrabile, in località Polvica di Tramonti, portarono all’identificazione, al di sotto di livelli con attestazioni di epoca romana, di elementi ceramici databili all’età del Bronzo. Agli anni ‘87 e ‘90 risale la scoperta e lo scavo delle tombe del Gaudo alla Trinità di Piano di Sorrento.
Aggiungendo al novero di queste esperienze, il casuale recupero di alcuni manufatti litici, effettuato negli anni ’40 del 1900, sul fondo della Grotta Sant’Andrea di Amalfi, e dubitativamente attribuito, praticamente si conclude il quadro dei rinvenimenti preistorici locali. Un quadro che risulta ovviamente parziale ma che permette di considerare comunque il comprensorio dei Monti Lattari come un territorio dalle alte potenzialità archeologiche.