Ossidiana (Capri)

La presenza di ossidiana, minerale vetroso estraneo ai contesti geologici naturali dell’isola di Capri e reperibile in poche aree del Mediterraneo (nel Mediterraneo occidentale si conoscono quattro siti di estrazione/provenienza: Monte Arci in Sardegna, Pantelleria, Palmarola e le isole Eolie), è documentata in maniera notevole sull’intero territorio caprese. Ampiamente utilizzata per la produzione di strumenti taglienti durante il corso della preistoria, è rinvenibile sotto forma di materiale grezzo, di scarti di lavorazione e di prodotti finiti, cioè veri e propri strumenti atti al taglio, comparendo in diversi siti e località dell’isola, tra cui: Grotta delle Felci, Le Parate, Campetiello, Calcara, Il Capo, Hotel Caesar Augustus (Giardino 1998; Giardino et al. 2006; Langella, Morra 1998).

Ad esemplificare tale situazione si può citare il sito caprese di Le Parate. All’interno del fondo così denominato, le ricerche di Ignazio Cerio eseguite negli ultimi decenni del 1800, portarono all’individuazione in superficie di una notevole quantità di manufatti, tale da configurare l’area come uno dei contesti a maggior densità di reperti in ossidiana del Mediterraneo centro-occidentale, escludendo i centri di estrazione (Nomi, Giardino 2016). Analisi recenti, sia di tipo tecno-tipologico che archeometrico, condotte su tali elementi, hanno permesso di configurare il sito come una complessa area di lavorazione dell’ossidiana, cronologicamente attribuibile al Neolitico, volta alla realizzazione di prodotti finiti a partire da nuclei preformati prima dell’arrivo in situ, probabilmente già nell’area di estrazione/provenienza della materia prima, che sono risultate essere le isole di Palmarola e Lipari (Moscone, Borrelli, Paternoster 2016).

A testimoniare come verosimilmente arrivasse il prodotto “ossidiana” sull’isola di Capri, è utile indicare il singolare rinvenimento effettuato dal sommozzatore ed esperto subacqueo V. Fronzoni. Questi, nel 2012, segnalò alle autorità competenti (Ufficio Circondariale Marittimo di Capri e Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, allora retta da Teresa Elena Cinquantaquattro) la scoperta nei fondali capresi a circa  -15 metri di profondità, in località Grotta Bianca, di un cospicuo gruppo di grossi blocchi di ossidiana (una trentina), giacenti secondo una forma allungata tale da fare supporre che si trattasse del carico di una imbarcazione di piccola/media dimensione non conservatasi (Fronzoni 2016). Opportunamente autorizzato, Fronzoni prelevò alcuni campioni in vista di indagini geofisiche, poi eseguite da Vincenzo Morra (Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Napoli Federico II), che dimostrarono l’origine liparota dell’ossidiana.

Foto subacquea: visione ravvicinata dei blocchi di ossidiana collocati a circa 15 metri di profondità in località Grotta Bianca a Capri.

Per la quantità di ossidiana rinvenuta sull’isola, è ipotizzabile che Capri soprattutto in virtù della sua posizione geografica, prossima alle aree di provenienza del materiale e proiettata verso la terraferma, ricoprisse un ruolo di intermediazione all’interno di intensi traffici commerciali e culturali, a livello archeologico percepibili grazie alla presenza dell’ossidiana ma che contemplavano certamente anche altri prodotti e conoscenze (durante il Neolitico medio vi è una profonda connessione tra Capri e le isole Eolie, tanto che basandosi sulla vicinanza stilistica delle produzioni fittili dipinte dei due luoghi, è stata definita la facies culturale di Capri-Lipari).

L’isola di Capri era dunque un luogo di arrivo, di lavorazione e di ridistribuzione dell’ossidiana e dei manufatti in ossidiana verso altre aree. Infatti, si può affermare, confrontando le analisi delle ossidiane di Capri con quelle condotte precedentemente su materiale rinvenuto a Monte di Procida (loc. Bellavista), che il traffico dell’ossidiana da Lipari e Palmarola giungeva anche verso la terra ferma e poi verso l’interno (Albore Livadie 1987), con tappe nelle isole del Golfo. Il materiale di Monte di Procida associa ossidiana di Palmarola e liparota, all’interno di un contesto archeologico risalente al Neolitico avanzato (culture di Serra d’Alto e Diana). I siti citati, come quello di Le Parate e di Monte di Procida, offrono la possibilità di inserire in un contesto cronologico generalmente neolitico il rinvenimento di Grotta Bianca di Capri.

Claude Albore Livadie, Luca Di Bianco

Bibliografia

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FRONZONI V. (2016).Recenti scoperte archeologiche sottomarine a Capri”, in Rendiconti della Accademia di Archeologia Lettere e Belle arti, nuova serie, LXXVII, 2014-2015, Napoli, 2016, pp. 243-252.
GIARDINO C. (1998). L’isola di Capri dal Neolitico alla prima età del Ferro”, in Federico E., Miranda E. (a cura di), Capri Antica: dalla preistoria alla fine dell’età romana, Capri 1998, pp. 67-105.
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MOSCONE D., BORRELLI L., PATERNOSTER G. (2016).Le Parate, Capri. La collezione Cerio al Museo di Antropologia dell’Università di Napoli Federico II: studio tecno-tipologico e analisi archeometriche preliminari dei manufatti in ossidiana”, in Cazzella, Guidi, Nomi (a cura di) Ubi minor…Le isole minori del Mediterraneo centrale dal Neolitico ai primi contatti coloniali, Convegno di studi in ricordo di Girgio Buchner, a 100 anni dalla nascita (1914-2014), Scienze dell’Antichità, vol 22, Fascicolo 2, 2016, pp.221-234.
NOMI F, GIARDINO C. (2016).Il progetto C.A.P.R.I. 3. Vecchie e nuove indagini paletnologiche sull’isola”, in Cazzella, Guidi, Nomi (a cura di) Ubi minor…Le isole minori del Mediterraneo centrale dal Neolitico ai primi contatti coloniali, Convegno di studi in ricordo di Girgio Buchner, a 100 anni dalla nascita (1914-2014), Scienze dell’Antichità, vol 22, Fascicolo 2, 2016, pp.201-219.