Grotta Nicolucci (Sorrento)

La grotta, conosciuta anche con il nome di Grotta della Conca o Grotta del Tesoro, fu intitolata da Riccardo Lorenzoni, direttore del Convitto e della Scuola Tecnica Pareggiata di Viaggiano, che esplorò la cavità sul finire dell’’800, a Giustiniano Nicolucci, professore di antropologia all’Università di Napoli. Si situa nel territorio comunale di Sorrento, all’interno delle pareti calcaree che segnano il vallone denominato “Conca”, che seguendo il rilievo ai margini della piana tufacea sorrentina, arriva sino al litorale.

La cavità si apre nei pressi dell’abitato di Sorrento e a ridosso del mare, in una posizione leggermente elevata (a circa 85 metri sul livello del mare) e tale da permettere di osservare un’ampia superficie costiera che abbraccia buona parte del Golfo napoletano. L’ingresso al sito, attualmente posto poco al di sopra del livello stradale, sulla via che porta a Massa Lubrense e a S. Agata sui due Golfi, doveva essere raggiungibile abbastanza agevolmente, anche se poteva essere eventualmente nascosto dalla vegetazione.

L’apertura abbastanza ampia, assume una forma semiellittica, ed immette in un ambiente di modeste dimensioni anche se considerevolmente alto, nel quale si sovrappongono due distinti piani.

Le prime ricerche effettuate all’interno del sito di Grotta Nicolucci, condotte da Riccardo Lorenzoni nell’autunno del 1885, seguivano di pochi anni la scoperta delle testimonianze preistoriche di Grotta delle Felci sull’isola di Capri, segnando un momento alquanto vivace nell’ambito delle indagini archeologiche di questo comprensorio.

È probabile che lo studioso fosse stato indirizzato verso questo luogo, dalle leggende che avevano la stessa cavità come protagonista: una serie di racconti locali narrava, infatti, dell’esistenza di un ricchissimo tesoro, di antiche monete e di scheletri giganteschi, nascosti all’interno di una grotta ubicata nel vallone detto “La Conca”, sulla strada di collegamento tra Sorrento e Massalubrense; una leggenda che, verosimilmente, rappresentava una rielaborazione “popolare” di reali scoperte di antichi manufatti effettuati all’interno del sito.

In effetti, la cavità apparve al Lorenzoni già con evidenti segni di scavi probabilmente effettuati alla ricerca del “leggendario tesoro”. Il suo lavoro, incoraggiato dalla presenza di frammenti ceramici all’interno dei cumuli di terra asportati proprio in occasione di questi sterri, si concentrò nel punto d’ingresso del piano inferiore, nel quale rinvenne una grande quantità di reperti fittili, in stato soprattutto frammentario, appartenenti a vari periodi. Tale scavo, di limitata estensione, non portò all’individuazione di una vera e propria stratigrafia, sia perché le stesse tecniche utilizzate non prevedevano la metodologia stratigrafica, sia perché il materiale appariva sparso in maniera caotica all’interno del terreno.

Nel 1965, nell’ambito delle ricerche condotte nella Penisola Sorrentina dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, A. M. Radmilli eseguì un saggio all’esterno della cavità in cui rinvenne una serie di reperti ceramici databili all’età del Bronzo.

I reperti rinvenuti sono relativi alla produzione materiale di culture collocabili in un ampio arco cronologico che va dal Neolitico sino al IV sec. a.C. La più antica attestazione, testimoniata da pochi frammenti, è da ricollegare ad una fase avanzata del Neolitico, connessa allo sviluppo della facies di Serra d’Alto, una lekythos a figure rosse costituisce l’elemento più recente tra quelli rinvenuti. In gran parte appartengono ad aspetti dell’età dei Metalli: una brocchetta con ansa rilevata a piastra e una brocchetta con collo decorato a solcature e motivi a zig zag incisi sulla spalla, appartengono alla cultura del Gaudo e sono probabilmente da riferire ad un contesto funerario; maggiormente numerosi sono i reperti riferibili all’età del Bronzo ed in particolare ai vari momenti dello sviluppo della facies appenninica: da un momento tardo della cultura di Palma Campania alle fasi proto-appenniniche antiche, a quelle riferibili ad un momento avanzato dell’appenninico classico.

Brocchetta con decorazione a zig-zag (da Centro Musei delle Scienze Naturali)

Il materiale archeologico proveniente da queste indagini, in parte disperso, è conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Museo Correale di Sorrento ed il Museo di Antropologia dell’Università di Napoli.

Luca Di Bianco

Bibliografia

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