La zona di Trinità di Piano di Sorrento può, allo stato attuale delle conoscenze, essere definita come la più antica dell’intero comprensorio sorrentino-amalfitano ad essere stata interessata da una presenza antropica stabile e continuativa, tale da aver dato luogo ad un abitato e ad una corrispettiva necropoli. In realtà, è solo quest’ultima ad essere conosciuta con sicurezza, grazie ad indagini archeologiche che ne hanno evidenziato i caratteri strutturali e materiali e che hanno consentito di agganciare la sua realizzazione ad una precisa fase crono-culturale, la cosiddetta facies del Gaudo sviluppatasi nel corso dell’eneolitico (fine del IV-inizio del III millennio a.C.), ma è del tutto probabile che essa debba essere riferita ad un coevo nucleo abitativo posto nelle immediate vicinanze.
Le prime testimonianze in tal senso risalgono al 1874, secondo quanto riportato in uno scritto di J. Beloch del 1900. In quell’anno, infatti, venne casualmente rinvenuta una tomba antica all’interno del cimitero di Piano di Sorrento, allora definito di Carotto (da cui la definizione di tomba di Carotto), caratterizzata dalla collocazione ad una profondità di circa 2 m dal piano di campagna e da un corredo costituito da due grandi olle, una brocca decorata, diverse punte di frecce in selce e un pugnale in rame. Alcuni elementi di tale corredo (in parte disperso), collocati all’interno del Museo Correale di Sorrento, tra cui il suddetto pugnale in metallo definibile in modo più puntuale come una daga, e la brocca a fiasco decorata con fasce marginate di puntini impressi con pettine, hanno successivamente permesso un’attribuzione della sepoltura alla facies culturale del Gaudo (relativo ad un momento più tardo rispetto alle sepolture della Trinità in seguito rinvenute). Nonostante la scarsità di informazioni che connota il rinvenimento di questa tomba, sono state avanzate alcune ipotesi interpretative: si tratta probabilmente di una sepoltura individuale, relativa ad un personaggio connotato come guerriero dagli elementi di corredo, a sottolineare l’importanza del defunto in ambito sociale (Albore Livadie 1990).
Più di un secolo dopo il rinvenimento della tomba di Carotto, l’area circostante la scuola Massa di Piano di Sorrento, è stata oggetto di un intervento di scavo nel 1987 e nel 1990 da parte di C. Albore Livadie per il conto della Soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta e successivamente da T. Budetta, Funzionario Responsabile dell’Ufficio Archeologico della Penisola Sorrentina per la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei.
Le prime due campagne di scavo (1987) che hanno indagato un’area di circa mq 160 hanno portato in luce cinque sepolture a grotticella relative alla facies eneolitica del Gaudo, i cui materiali rinvenuti sono oggi esposti nel Museo Georges Vallet (villa Fondi a Piano di Sorrento) e, successivamente, nel 1990 un insieme di strutture databili tra il VI e il IV sec. a.C. pertinenti ad impianti artigianali e cultuali (Albore Livadie 1990; Russo 1990). A partire dal 1999, l’area più a monte destinata all’edificazione di civili abitazioni, è stata interessata da un’intensa attività di tutela. Le indagini archeologiche condotte da T. Budetta, hanno confermato l’evidenza dell’insediamento di età arcaica e classica precedentemente individuato. Questo sembrerebbe avere una continuità di vita fino al momento dell’eruzione del 79 d.C. Anche se i risultati degli scavi sono stati riportati periodicamente negli Atti dei Convegni Internazionali di Studio sulla Magna Grecia (CSMG 1999, pp. 640-641; 2000 p. 635; 2001, p. 635; 2002, p. 571; 2004, p. 703), la documentazione è ancora inedita, in particolare quella riguardando la vasta necropoli, cui circa una settantina di tombe principalmente a casse di tufo ed a incinerazione databili dalla metà del VI al IV sec. a C., è stata riportata in luce. Un lotto sepolcrale individuato durante la campagna di scavi 2003/2004, tra cui una tomba con deposizione delle ossa bruciate direttamente nel ricettacolo di tufo (Tomba 39), senza l’utilizzo del cinerario (fine VI-Inizio V sec. a.C.), modalità che ritroviamo in alcune sepolture dalla necropoli di Madonna delle Grazie a Stabia.
Claude Albore Livadie
La Tomba 4 come appariva al momento del suo rinvenimento, con visibili oggetti relativi al corredo di una sepoltura. Resti ossei relativi ad una inumazione all’interno della Tomba 6 della necropoli della Trinità.
Bibliografia
ALBORE LIVADIE C. (1990). (a cura di) “Archeologia a Piano di Sorrento. Ricerche di Preistoria e di Protostoria nella Penisola sorrentina”, Napoli, Centro Jean Bérard;
ALBORE LIVADIE C. (2003). “Piano di Sorrento (Naples): évidences d’une modification du réseau hydrique sur le site archéologique de la Trinità”, in Variazioni climatico-ambientali e impatto sull’uomo nell’area circummediterranea durante l’Olocene, CUEBC, Bari, pp. 359-364;
ALBORE LIVADIE C. (2007). “La Campania media e la Penisola sorrentina-amalfitana dall’età del Rame all’età del Ferro: alcune situazioni a confronto”, in Sorrento e la Penisola Sorrentina tra Italici, Etruschi e Greci nel contesto della Campania antica, Atti della giornata di studio in omaggio a Paola Zancani Montuoro, Sorrento, 19 maggio 2007, pp.148-175.
RISPOLI M. (2013). “Una tomba a ricettacolo dalla necropoli di Trinità a Piano di Sorrento”, in Oebalus, Studi sulla Campania nell’Antichità 8, 2013, pp.121-145