Ubicati nel golfo di Salerno (Comune di Positano), a circa tre miglia dalla costa, gli isolotti de Li Galli formano un piccolo arcipelago: il Gallo Lungo, La Rotonda e La Castelluccia (o Isola dei Briganti). Il più grande dei tre scogli è il Gallo Lungo, l’unico abitato, che fino a non molto tempo fa è stato la residenza estiva del ballerino russo Rudolf Nureyev.
Da un punto di vista geologico-strutturale appartengono al complesso Monti Lattari-Isola di Capri, e specificamente all’area del golfo di Positano, settore che durante il periodo dei grandi movimenti tettonici pleistocenici (circa 2 milioni di anni fa) subì un ribassamento, un collasso, e di cui unicamente le cime più elevate, appunto gli isolotti citati (modellati nella forma odierna dagli agenti erosivi), restano attualmente visibili emergendo di poco dal mare.
Sul piano storico-archeologico, nonostante le loro dimensioni estremamente ridotte, offrono interessanti testimonianze relative ad un lunghissimo arco temporale. Infatti, G. Nicolucci (personaggio di notevole importanza per l’archeologia campana del 1800, a cui è intitolato un sito in grotta di Sorrento) riporta la notizia del rinvenimento da parte di I. Cerio, verosimilmente sul Gallo Lungo, di una “amigdala”, uno strumento ricavato dalla scheggiatura di un ciottolo o di una grossa scheggia in modo tale da assumere una forma a mandorla. Uno strumento di tale tipo, per vicinanza morfologica con quanto conosciuto grazie al sito caprese dell’Hotel Quisisana, può cronologicamente essere collocato tra i 250.000 e i 150.000 anni fa, un momento in cui, con il livello del mare più basso di quello attuale, queste isolette, così come la più grande isola di Capri, erano un tutt’uno con il comprensorio dei Monti Lattari. Passando a tempi storici, in esse sono state riconosciuti gli “scogli delle Sirene” dei racconti omerici, così come anche il nome antico de Li Galli farebbe supporre: il toponimo greco “Seirenoussai”, con il quale venivano designate, ha una desinenza in -oussai (-οuσσαι) che dovrebbe risalire all’epoca alto arcaica. Inoltre, anche se non furono fatti scavi scientifici sugli isolotti, da sempre proprietà privata, si hanno resti di epoca romana sul Gallo Lungo.
La pubblicazione di P. Mingazzini e F. Pfister riferisce, infatti, dell’esistenza di una villa d’ozio sul Gallo Lungo, non più visibile in quanto i resti già all’epoca erano stati ricoperti da costruzioni moderne, ma documentati attraverso rilievo e fotografie (Mingazzini, Pfister 1946, Tav. XXIII). Sono ancora visibili alcuni blocchi di tufo e parte di un muro in opera reticolata, mentre altri blocchi di tufo rinvenuti in mare potrebbero appartenere a qualche edificio precedente alla costruzione della villa.
Nel corso degli anni sono state rinvenute nei fondali non distanti da queste isole, diverse anfore e ancore, in rari casi dopo un’esplorazione regolare. In particolare, l’indagine condotta da un gruppo di subacquei diretto dall’ing. militare Robert Love e dal Lt. Col. J.D. Lewis (US Army Afsouth) nel 1964 ha permesso di recuperare numerose ancore e marre, oggi conservate nell’Antiquarium della Villa romana di Minori. La schedatura dei ritrovamenti e delle ricerche del Progetto Archeomar 1 (MIBACT) condotte tra il 2004 e il 2006 sono tutt’ora quasi del tutto inedite. Più di recente (2016 – 2018) un’équipe internazionale capeggiata dal prof. M. Harpster (Università di Koç, Istanbul, Turchia) ha ripreso le prospezioni in quel tratto di mare.
Claude Albore Livadie, Luca Di Bianco
Bibliografia
ALBORE LIVADIE C. (2022). “Un’esplorazione subacquea negli anni ‘60 nel golfo di Salerno: acquisizioni e ipotesi sul recupero 1 dalla “Località X”, in Oebalus, 2022, pp. 143-181.
HARPSTER M. et alii (2021). “Modelling the Maritime Cultural Landscape of the Costiera Amalfitana: The First Three Seasons of Research (2016-2018)”, in International Journal of Nautical Aechaeology, 50, 2021, pp. 1-13.
MINGAZZINI P., PFISTER F. (1946). Surrentum, Forma Italiae, vol. II, Sansoni, Firenze 1946.
SENATORE F. (2020). “Le Seirenoussai tra il Golfi di Cuma e di Poseidonia”, in Oebalus, 2020, pp. 169-235.